Jan 20 - PEZZI DI STORIA: storie di vita e malavita,di politica e malapolitica - La morte di Francesco Imposimato
La storia che andiamo a raccontare oggi, tratta da un articolo apparso sul giornale on line ARTICOLO TRE, narra di un fatto gravissimo avvenuto nel lontano 1983, un fatto che a prima vista sembra non aver niente a che vedere con Marano ma che invece scopriremo essere di una incredibile attualità quando andremo a parlare nei dettagli di quelle parentele inquietanti delle quali abbiamo fatto più volte cenno parlando della compagine amministrativa oggi al governo della città e della maggioranza che la sostiene.
Francesco Imposimato, fratello di Ferdinando, morto ammazzato senza sapere perché
“Francesco Imposimato era un sindacalista ed è una vittima innocente della violenza camorristica. Sposato e padre di due figli Franco era iscritto alla sezione del partito comunista di Maddaloni. Venne ucciso l'11 ottobre 1983 all'uscita della fabbrica. Imposimato era in macchina con la moglie ed il cane per recarsi a casa dopo il lavoro. A trecento metri dallo stabilimento, la macchina si trovò la strada sbarrata da una Ritmo 105 con a bordo tre sicari. Due di questi scesero e cominciarono a fare fuoco. Franco, colpito da 11 proiettili, morì sul colpo. Moriva così, senza sapere il perché, Francesco Imposimato. Un tranquillo e socievole impiegato, che si dedicava ad organizzare gite aziendali, iscritto al Partito Comunista, senza svolgere politica attiva, interessato alla salvaguardia dell' ambiente e dei centri storici…Per i suoi assassini aveva, però, una grave colpa: era il fratello del giudice istruttore di Roma, Ferdinando Imposimato, all' epoca in servizio presso il tribunale di Roma. Nell'agguato riuscì a salvarsi sua moglie, benché gravemente ferita da due proiettili sparati dal killer Antonio Abbate, riconosciuto dalla donna anni dopo in sede processuale. In un primo momento si pensò ad un’esecuzione delle Br, il giorno dopo l’omicidio, giunse una telefonata alla redazione napoletana dell’Ansa “E’ stato ucciso il fratello del giudice boia”, ma quasi subito fu evidente la pista camorristica del delitto… Si trattò di una volontà omicida tesa a colpire e ad intimidire il giudice Ferdinando Imposimato: un'azione trasversale nei confronti del fratello…Franco Imposimato fu vittima di una vendetta trasversale decisa dalla banda della Magliana, con la complicità della Camorra, per intimidire il fratello, giudice istruttore a Roma, che aveva depositato in Assise e in Appello le sentenze sul delitto Moro e che stava avvicinandosi a verità scomode… Ferdinando Imposimato stava sferrando un duro colpo alla malavita organizzata… Era necessario frenare le investigazioni giudiziarie del magistrato che avrebbero potuto consentire di comprendere la reale identità di Giuseppe Calò … Giuseppe Calò aveva, dunque, dato l'ordine a Lorenzo Nuvoletta e ai suoi uomini di uccidere Francesco Imposimato…All’epoca dei fatti vigeva un patto scellerato tra la banda della Magliana a Roma e la Camorra casertana e napoletana retta da Antonio Bardellino e Lorenzo Nuvoletta…Pippo Calò, sentendosi minacciato dalle indagini giudiziarie, chiese ai casalesi di uccidere Franco Imposimato, per ritorsione contro il fratello giudice, un bersaglio troppo difficile da raggiungere. L' ordine passò a Lorenzo Nuvoletta, che a sua volta si rivolse a Vincenzo Lubrano, il quale infine affidò l'esecuzione materiale del delitto a Tonino Abbate e Raffaele Ligato. I casalesi accettarono di buon grado, anche perché l’impegno ambientalista di Franco Imposimato a Maddaloni contrastava con i loro interessi nel business delle cave abusive…Il processo Spartacus portò alle condanne all'ergastolo in via definitiva per Pippo Calò, Vincenzo Lubrano, Antonio Abbate e Raffaele Ligato. Vincenzo Lubrano, durante il processo, avvicinò uno dei due figli di Franco Imposimato, Giuseppe, giurandogli sul figlio morto che non c'entrava niente con la morte di suo padre. Raffaele Ligato invece si presentò al processo in sedia a rotelle spacciandosi per cieco, con opportuna certificazione medica. Dopo la notizia della condanna in primo grado all'ergastolo, però, colto da improvvisa guarigione, riuscì a scappare in Germania, dove fu catturato dopo un anno di latitanza.
A seguito della sentenza della Corte di Cassazione del 30 maggio 2002 (depositata in cancelleria il 12 giugno 2002), le condanne all' ergastolo nei confronti di Giuseppe Calò ed Antonino Abbate, e a sette anni di reclusione (e cinque milioni di multa) nei confronti di Raffaele Antonino Ligato sono divenute definitive. Il 5 novembre 2004 è divenuta irrevocabile la condanna all' ergastolo di Vincenzo Lubrano. Nessuno deve dimenticare il tragico destino di quel tranquillo innocente impiegato morto ammazzato senza sapere il perché.”