Gennaio 27 - PEZZI DI STORIA: storie di vita e malavita,di politica e malapolitica - Da Corleone a Marano

Gennaio 27 - PEZZI DI STORIA: storie di vita e malavita,di politica e malapolitica - Da Corleone a Marano

Il “pezzo di storia” che andiamo a raccontare oggi è tratto da un articolo di Titti Beneduce apparso sul Corriere del Mezzogiorno del 24 settembre 2008 e che prende spunto da una condanna inflitta a Totò Riina per delitti particolarmente efferati compiuti a Marano nel 1984; un articolo che riprendiamo sia perché è l’ennesima conferma del filo rosso che collegava Corleone e con la nostra città sia perchè introduce un articolo di Roberto Saviano che ci riguarda da vicino e che riteniamo possa essere molto istruttivo
Come è avvenuto in  analoghi casi precedenti, visto che si  tratta di un articolo molto lungo, crediamo di far cosa gradita ai nostri lettori suddividendolo in quattro puntate

Prima puntata

“Ergastolo a Totò Riina per l'eccidio di Marano del 1984: e con questo fanno 21. Il boss dei Corleonesi è stato condannato ieri mattina (23 settembre 2008) dal GUP Daniela Fallarino, che al termine del processo con rito abbreviato ha accolto la richiesta del PM Paolo Itri Riina, che era collegato in videoconferenza dal carcere di Opera, dove è detenuto in regime di 41 bis, ha chiesto di allontanarsi prima della lettura della sentenza. Le uniche parole le ha spese per giustificare l'insolito ritardo del suo avvocato, in attesa del quale il GUP ha dovuto nominare un difensore d'ufficio. La richiesta di giudizio abbreviato è valsa al boss ad evitare la pena accessoria dell'isolamento diurno: una pena irrisoria rispetto a 21 ergastoli, ma che evidentemente gli pesava
L'eccidio di Marano è quello del 19 settembre 1984, quando nella masseria dei Nuvoletta, a Poggio Vallesana, vennero massacrati Vittorio Vastarella, suo figlio Luigi, Gennaro Salvi, Gaetano Di Costanzo e Antonio Mauriello; per questo delitto sono già stati condannati Angelo Nuvoletta e Luigi Baccante. A chiamare in causa Totò Riina come mandante sono stati diversi collaboratori di giustizia tra cui i fratelli Giovanni, Enzo ed Emanuele Brusca. Il PM Paolo Itri ha ricostruito nei dettagli quella lontana vicenda: i corleonesi di Riina, che si erano ormai imposti sulla vecchia cosca Bontate — Badalamenti — Riccobono, volevano sterminare tutti quelli che, anche lontano dalla Sicilia, avevano parteggiato per i loro rivali: i Bardellino, dunque, che poco tempo prima avevano organizzato un'incursione nella masseria di Poggio Vallesana uccidendo Ciro Nuvoletta. I cinque vennero attirati lì con la scusa dell'affiliazione a «cosa nostra» di Luigi Vastarella (Vittorio già lo era). Padre e figlio, racconta Giovanni Brusca, arrivarono con un furgone e vestiti con tute da meccanico: sotto, però, come si conveniva all'occasione solenne, indossavano abiti eleganti. Loro due entrarono in casa con alcuni degli assassini, tra cui Angelo Nuvoletta e Giovanni Brusca; Salvi, Di Costanzo e Mauriello, invece, rimasero all'esterno. Il piano prevedeva che i Vastarella sarebbero stati strangolati per primi; subito dopo, gli assassini avrebbero fatto un segnale ai complici fuori, che avrebbero fatto la loro parte. Luigi Vastarella, però, riuscì a divincolarsi, afferrò la pistola di un rivale e fece fuoco; Angelo Nuvoletta ci rimise mezzo dito e Brusca si ustionò la mano. I corpi, poi, vennero dissolti nell'acido solforico, «quello adoperato dagli orafi per lucidare l'argento: quando arrivammo era già pronto nei bidoni ed era già stato riscaldato».
Il rischio corso dagli uomini di Riina a Marano è rimasto poi impresso nella memoria del clan dei corleonesi. Racconta Enzo Brusca, il minore dei fratelli, ricordando la sua iniziazione agli omicidi: “All'epoca dei fatti di Marano io avevo solo 16 anni. Ciò nonostante la vicenda mi è indirettamente nota. Ricordo in particolare che nel 1989, in occasione del mio primo omicidio, ossia lo strangolamento di tale Filippi Vincenzo, prima di farmi eseguire l'omicidio, Antonino e Salvo Madonia mi fecero una sommaria perquisizione all'altezza della cintola per verificare che io non fossi armato. Io sul momento non capii bene il perché di tale perquisizione, poi negli anni successivi ho ricollegato tale episodio ad un altro omicidio che era stato commesso da mio fratello Giovanni, in occasione del quale, per come mi fu detto, la vittima, prima di essere strangolata, era riuscita a impossessarsi della pistola di uno dei killer presenti, sfilandogliela di dosso. Successivamente, intorno al 1992, in un'occasione, mentre si parlava di armi, mio fratello e Leoluca Bagarella parlarono proprio di quell'episodio.”
A tal proposito riporto un'articolo di Roberto Saviano che racconta, come solo lui sa fare, del collegamento tra Marano e la mafia dei corleonesi:

Vi racconto di Marano e dei due compari

5 agosto 2004
Storia di camorra politica nell’Italia dimenticata.
di Roberto Saviano
Trasite e’ pann’ ca chiove!
 Il dominio del clan
Marano è una città a Nord di Napoli. Una città di catrame e cemento, identica a mille altre, un luogo della periferia meridionale, nato a ridosso della grande città. Marano è una città ricca, densa di palazzi, ristoranti, alberghi per matrimoni. Agglomerati condominiali spuntati come funghi negli anni novanta troneggiano come corona alla periferia della periferia, condomini strozzati di cemento svettano ai lati di fastose ville a più piani con piscina in giardino, decine di mastini dietro i cancelli e le telecamere alla porta.
Marano però non è soltanto una innocua e brutta cittadella al nord di Napoli, non è solo ciò che sembrerebbe passeggiando per il suo centro, ovvero nulla più che un agglomerato di costruzioni che soffocano ogni strada. Marano è qualcos’altro. Qualcosa che ha reso questo luogo un polo di incredibile ricchezza, ma solo per pochissimi, solo per una sparuta parte di eletti. Solo per gli uomini del clan e per i suoi alleati. Ebbene, Marano è il feudo del clan Nuvoletta, una famiglia affiliata a COSA NOSTRA e da sempre vicina ai Corleonesi al punto da sedere a pieno titolo nella cupola mafiosa facendo della propria voce una delle più ascoltate e temute in tutto il sistema politico-economico-militare mafioso. Negli anni ’80 il clan Nuvoletta è retto da tre fratelli Lorenzo Nuvoletta, Ciro Nuvoletta ed Angelo Nuvoletta. Gestiscono il contrabbando di sigarette e riescono a divenire i più importanti trafficanti di eroina d’Europa utilizzando al meglio i rapporti con i narcos attraverso COSA NOSTRA ed evitando di farsi coinvolgere nella battaglia che stava avvenendo in Sicilia all’interno della Pizza Connection della triade Badalamenti– Buscetta – Bontade.
Con la vittoria dei Corleonesi di Bontade e Riina i Nuvoletta, che a loro erano legati, incrementano il proprio potere ed i propri affari. Il clan di Marano si trova alla fine degli anni ’80 al centro della più grande alleanza imprenditoriale e criminale che la storia italiana abbia conosciuto: la Nuova Famiglia, cartello di centinaia di clan campani che si organizzarono contro la Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo. Uno scontro quello tra NF e NCO che soltanto sul piano militare generò oltre seimila morti, una cifra da guerra.
Una guerra che non ha mai avuto racconto e di cui s’è persa memoria. Con la progressiva sconfitta di Cutolo e con la perdita da parte di quest’ultimo dei legami con ministri, sindaci e con gli imprenditori più potenti, la NF inizia a subire frazionamenti interni. Dinanzi al potere raggiunto l’alleanza sembra essere soltanto un peso, ed il mercato torna ad essere libero da vincoli e patti. I Nuvoletta così, lentamente si defilano e lasciano scannare tra di loro i clan della Nuova Famiglia e i rimanenti uomini della Nuova Camorra Organizzata. Il loro obiettivo, assieme a tutta COSA NOSTRA è quello di indebolire entrambe le contrapposizioni imprenditorial-criminali per poi emergere con forza e con legami politici blindati al fine di poter egemonizzare tutti i mercati in Campania e quindi in Italia ed all’estero.
Di ciò però si resero conto gli altri clan dirigenti della Nuova Famiglia, in particolar modo Antonio Bardellino, capo indiscusso del clan dei Casalesi (ed affiliato alle famiglie perdenti di COSA NOSTRA) egemone in provincia di Caserta. Con un suo commando si recò nel 1984 nella tenuta dei Nuvoletta a Poggio Vallesana. Trascorsa la notte a casa di un parlamentare del Movimento Sociale Italiano, in buoni rapporti con il clan, Bardellino e compagni riuscirono ad entrare nell’inespugnabile feudo ed uccidere una delle menti della famiglia, Ciro Nuvoletta.
Da qui nacquero rivalità e faide interne che attireranno l’attenzione di un giovane e mal pagato cronista de Il Mattino, Giancarlo Siani, che verrà ucciso proprio per volontà di Angelo Nuvoletta per la sua attività di denuncia e per aver svelato in un articolo che il clan di Marano aveva usato la delazione ai carabinieri per sbarazzarsi senza guerre interne di un suo alleato scomodo, Valentino Gionta boss di Torre Annunziata.
 
 (continua…)