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DEC 7 - SILVIA BARALDINI: UNA CITTADINA DI MARANO MOLTO SPECIALE - Nella serata di sabato 6 l’incontro a Palazzo Merolla
Un incontro insperato
Da giorni gli attivisti del Laboratorio Politico Kamo stavano lavorando a un evento sicuramente non di maniera e sabato 6 dicembre, nella giornata in cui si moltiplicavano le iniziative contro la violenza sulle donne tese fondamentalmente a sollecitare norme e leggi volte alla tutela di genere, a Palazzo Merolla si è tenuto un affollato incontro per la presentazione del libro “Non per odio ma per amore” con la partecipazione dell’autrice Paola Staccioli e di Silvia Baraldini che ne ha scritta la prefazione
Si tratta di un libro che racconta la storia di sei donne “internazionaliste” che, senza accampare diritti a tutele istituzionali, sono state protagoniste della loro vita, della loro morte e della storia del loro tempo, ma quello che per noi ha costituito l’assoluta straordinarietà dell’evento non è stata tanto la presentazione del libro in sé (cosa decisamente notevole in un contesto scevro da luoghi comuni) ma il fatto che Marano ha completato ieri sera un percorso iniziato nel lontano 1998 quando il Consiglio Comunale conferì a Silvia Baraldini la cittadinanza onoraria in riconoscimento del coraggio, della tenacia e della abnegazione di una donna che stava scontando una pena a 43 anni di carcere nella più dura fra le prigioni degli Stati Uniti d’America con l’unica colpa di aver lottato per la difesa dei diritti della gente di colore nella patria della democrazia a stelle e strisce e sabato sera, non con poca emozione, chi vi scrive, all’epoca Sindaco della città, ha incontrato e abbracciato questa cittadina speciale con un commosso “benvenuta a casa Silvia”
Un tuffo nel recente passato
Ovviamente con l’emozione del momento c’è stato anche un malinconico ritorno a un recente passato quando Marano, superati gli stretti confini dell’enclave autoctona locale, si era aperta al mondo, erano i tempi in cui di Marano si parlava ovunque con rispetto e la si guardava con ammirazione, i tempi in cui nella nostra città si respirava un’aria che sapeva di nuovo e di pulito, i tempi in cui una strada veniva intitolata a un campione della lotta per la libertà che si chiamava Che Guevara, in cui una piazza si chiamava Piazza Libera e un’altra diventava Piazza della Pace, una strada veniva intitolata a un premio nobel per la pace della stazza di Yasser Arafat e gli amministratori di Marano venivano ricevuti a Ramallah dal Presidente dell’Autorità Palestinese Abu Mazen e dal Nunzio Apostolico a Gerusalemme, in questo contesto assumeva un profondo significato conferire la cittadinanza onoraria a Silvia Baraldini
Poi è tornata a imperare la paesanità e Marano ha ingranato brutalmente la retromarcia, il respiro della città è tornato a essere asfittico, lo sguardo spento, il livello politico e culturale quello di Jurassic Park
La storia di una maranese speciale
Trasferitasi con la famiglia negli Stati Uniti all’età di tredici anni Silvia Baraldini frequenta l’Università Statale del Wisconsin e aderisce da subito ai movimenti più radicali americani con i quali si impegna nella lotta contro l’apartheid e per la difesa dei diritti delle donne, approda nelle file del movimento rivoluzionario "Black Panther Party"; frequenta il Black Liberation Army (BLA), nel 75 entra nell’organizzazione comunista “19 maggio”, svolge un’attività intensa fino al punto che diventa membro del Committee to Free the Panther 21; partecipa a varie azioni e fra queste la più eclatante è quella che porta alla liberazione dal carcere di Assata Shakur anima del Black Liberation Army
L’ACCUSA - Venne per la prima volta arrestata il 9 novembre 1982 per associazione sovversiva, legata al suo attivismo politico comunista e di appoggio ai movimenti afro-americani di liberazione; scarcerata sotto cauzione, venne arrestata nuovamente cinque mesi dopo, il 25 maggio 1983 per una rapina messa a segno dalla formazione comunista cui era organica ma alla quale non aveva partecipato
Silvia viene processata per l’evasione di Assata Shakur, per essere un’ideologa del movimento “19 maggio” e di altri movimenti di liberazione afro-americani, per aver partecipato alla organizzazione di due rapine di autofinanziamento senza per altro avervi mai preso parte, per ingiuria al tribunale per essersi rifiutata di fare i nomi dei militanti del movimento “19 maggio”.
LA CONDANNA - Il processo si conclude nel 1983 (quando aveva 36 anni) con la condanna a 40 anni di reclusione oltre 3 ulteriori anni per ingiuria al tribunale.
Al primo arresto l’FBI le aveva offerto una forte somma di denaro perché denunciasse i suoi compagni, una volta in carcere le fu offerta la liberazione se avesse collaborato facendo i nomi dei compagni: Silvia rifiutò il denaro e la liberazione e non tradì; il rifiuto però le valse la qualifica di “detenuta pericolosa” e il trasferimento nel carcere di Lixington, il più duro sul suolo americano con isolamento e sorveglianza continua
LA MOBILITAZIONE INTERNAZIONALE E LA CITTADINANZA ONORARIA - L’enorme sproporzione della pena nei confronti dei reati (quasi esclusivamente ideologici) sollevò l’indignazione del mondo, nacquero movimenti di sostegno, si scrissero canzoni, si mobilitò l’opinione pubblica nazionale e internazionale; il Comune di Marano fa la sua parte, il Consiglio Comunale le concede la cittadinanza onoraria e il Sindaco ne richiede il rimpatrio consegnando una lettera all’ambasciata degli Stati Uniti a Roma
Nel 1999, non tanto per la lettera del Sindaco di Marano quanto per l’insorgenza di un cancro finalmente Silvia viene mandata a scontare il resto della pena in Italia, nel 2006 per l’effetto dell’indulto viene liberata
Sabato 6 dicembre Silvia Baraldini viene a Marano a presentare il libro, in quella circostanza scopre di essere nostra concittadina e Marano ha l’occasione di accogliere una sua cittadina molto speciale.
A volte è bello potersi sentire orgogliosi di essere di Marano, magari dell’altra Marano.