Dec 23 - PEZZI DI STORIA: storie di vita e malavita,di politica e malapolitica “Marano a ferro e fuoco”: parte seconda

Dec 23 - PEZZI DI STORIA: storie di vita e malavita,di politica e malapolitica “Marano a ferro e fuoco”: parte seconda

 
Completiamo la pubblicazione dell’articolo apparso anni fa su “La Voce della Campania” ripartendo dal punto in cui l’abbiamo lasciato giovedì 19 dicembre; la prima parte può essere recuperata o ritornando al post di giovedì o cliccando su
 

Lifting per il clan
"Il clan Nuvoletta - scrive Borrelli nell'ordinanza di custodia cautelare - grazie alle sue capacità di mimetizzarsi non è stato, di fatto, mai oggetto di un provvedimento che ne ricostruisse in modo completo e organico la struttura e le modalità operative". Le prime tracce dei Nuvoletta in provvedimenti giudiziari sono del 1990. Ma il clan esiste da almeno trent'anni, è il solo interlocutore campano della mafia siciliana, in particolare quella palermitana, ed è stato per anni crocevia di accordi e trame. Memorabile un summit dei primi anni Ottanta, quando si riunirono nella tenuta di Marano dei Nuvoletta più di cento capicamorra campani mentre in un salone accanto c'erano mafiosi siciliani del calibro di Riina, Bontade, Brusca. Oggetto del summit, il tentativo di stabilire una pace nella guerra di camorra con i cutoliani.  La struttura del potente clan ha cambiato assetto negli ultimi anni. Durante tutti gli Ottanta, l'organizzazione aveva due capi: Lorenzo e Angelo Nuvoletta. Carismatico il primo, operativo il secondo. Due erano anche i vice: Pasquale Liccardo, ucciso nel 1988 a Marano, e Antonio Orlando, cugino dei Nuvoletta e allontanato dal vertice perché sposò una Maisto di Giugliano. Sotto i vice, il gruppo dei fedelissimi: Angelo Nuvoletto detto Angiolotto, Maurizio Baccante, Armando Del Core, Francesco Vasto. Alla base tutta l'organizzazione, con centinaia di ragazzi pronti a sparare, a trafficare di contrabbando, a imporre il pizzo. Con l'arresto di Lorenzo e la morte di Pasquale Liccardo, la gerarchia cambia. Al vertice resta Angelo, latitante per moltissimi anni e arrestato nel 2001. Suo vice è il nipote Angiolotto; uomini di fiducia sono Baccante, Peppe Gala, Gaetano Iacolare (killer di Giancarlo Siani), Salvatore Nuvoletta. Alla fine degli anni Novanta la struttura trova un nuovo assetto: Angiolotto muore di tumore. Il suo posto è preso dal nipote Filippo Nuvoletto, a cui però sono affiancati, con gruppi distinti, Baccante, Gala, Antonio Nuvoletta, Armando Orlando, Giuseppe Polverino e lo zio Antonio. Ognuno di questi sottoclan ha una sua autonomia, e qui nasce l'originalità organizzativa dei Nuvoletta. Una sorta di federazione camorristica: decine di piccoli clan, uniti nel capo e nella mappa, ma dotati di organizzazione autonoma, capacità gestionale, ramificazioni. Il traffico di stupefacenti è la fonte principale di guadagno del clan. Anche qui i Nuvoletta hanno rivelato doti di straordinaria capacità organizzativa. Non trattano direttamente ma fanno le cosiddette "puntate": raccolgono soldi al loro interno, li affidano a piccoli trafficanti che vanno in Spagna o in America latina, comprano droga (hashish e ecstasi), la riportano a Marano, la tagliano, la vendono e poi dividono gli utili tra gli uomini di onore trattenendo una provvigione. Una vera e propria catena industriale: le "puntate" in genere sono aperte, vi partecipano anche piccoli imprenditori e gente qualunque. Un piccolo capitale da investire e un ritorno al doppio o al triplo in un paio di mesi. Con tutti i rischi connessi, ovviamente. Una macchina capace di fatturare 3-400 milioni di vecchie lire a settimana. Altro ramo florido è quello delle estorsioni, soprattutto ai danni dei cantieri di opere pubbliche e di lottizzazioni edilizie private. Cinque milioni ad appartamento, la quota da pagare alle organizzazioni, che si dividono il territorio. 
Panettoni d’onore
Fatti i soldi con droga e racket, c'è il problema di ripulirli. Qui i clan di Marano mostrano davvero di avere la vista lunga. Qualche piccolo gangster compra biglietti del lotto che hanno già vinto: viene avvertito dalle ricevitorie. "Da me c'è uno che ha vinto 21 milioni al bancolotto - si legge in una intercettazione telefonica tra un ricevitore e un uomo vicino al clan - ti interessa?". La risposta è ovviamente affermativa: comprando in contanti il tagliando vincente, il camorrista poteva passare per il vincitore e giustificare così l'introito.  Ma ci sono, naturalmente, anche metodi più sofisticati, come ad esempio, il commercio. Giuseppe Gala, lo "showman", trovato carbonizzato nella sua auto dopo essere stato freddato da un colpo alla tempia, era diventato agente (con tanto di lettera di incarico) della Bauli e della Von Holten, attraverso la società Palermo snc, capo area della distribuzione commerciale di prodotti dolciari nazionali. Sempre Gala, attraverso la Vip alimentari era diventato esclusivista Parmalat per tutta la zona tra Marano e Napoli. "Li ho bruciati tutti - dice Gala ad un socio durante una conversazione telefonica intercettata - siamo i più forti sul mercato". 
Inevitabile per i commercianti cadere nella rete distributiva del boss, che, tra l'altro, insieme all'altro pezzo da novanta, Angiolotto, imponeva agli esercenti di comprare panettoni Bauli a prezzo raddoppiato per finanziare le famiglie dei detenuti. Sempre nel terziario, i boss finanziano palestre, discoteche e ovviamente edilizia. La famiglia Nuvoletta investiva direttamente in appartamenti attraverso personaggi considerati dalla Procura suoi uomini di fiducia, come Pietro Nocera (attualmente latitante), Domenico Di Maro (già sotto processo per 416 bis) e Mattia Simeoli; ma lo stesso facevano anche i Polverino e gli Orlando (che hanno addirittura fatto costruire 80 appartamenti alle Canarie) Fatti i soldi con la droga e le estorsioni, ripuliti con il commercio e l'edilizia, alla grande famiglia di camorra, con tutte le sue ramificazioni, non mancano i drammi quotidiani, anche quelli sentimentali. La figlia di Angelo - scopre ad esempio il pm Borrelli - Sabina Nuvoletta, si fidanza con Alessio Scoppa, nipote del generale dei carabinieri Maurizio, comandante della Regione Lombardia, e figlio del radiologo Gianfranco, titolare del centro Aktis di Marano (destinatario di ricche convenzioni ospedaliere). La famiglia è in subbuglio: "mai con quegli sbirri in casa", sbotta Giancarlo Banco, genero di Angelo Nuvoletta, intercettato durante una conversazione in famiglia con la moglie Tiziana. Poi i ragazzi si sposeranno in chiesa, in pompa magna. Una grande saga, dove non mancano i rancori, le vendette, i pettegolezzi ma che al momento giusto sa trovare la compattezza. Come quando si parla di politica. Alle elezioni comunali del 2001, i Nuvoletta non hanno dubbi: puntano sul candidato a sindaco del Partito popolare Giuseppe Spinosa, 45 anni, imprenditore vinicolo. Dalle intercettazioni telefoniche e ambientali compiute dalla Dia durante la campagna elettorale è emerso un quadro inquietante di partecipazione camorristica alla competizione. Lo stesso Spinosa, il giorno del voto del ballottaggio, ingannava la tensione girando in macchina per Napoli con un Orlando e tenendosi strettamente in contatto telefonico con Luigi Esposito, afferente al sottoclan dei Carrisi. 
Salvatore Nuvoletta in una intercettazione telefonica dice: "io spero che salga Peppe Spinosa, io lo voto; basta che non salga Bertini (Mauro Bertini di Rifondazione Comunista, ndr)". Lo stesso dice Alfredo Sepe, uomo di fiducia di Angelo Nuvoletta. Telefonando a un amico, Sepe dice "votiamo Spinosa, e togliamo il bordello di mezzo; sicuramente mai il voto a Bertini, bisogna smantellarlo a tutti i costi".
Una candidatura spinosa

"I Nuvoletta erano interessati alla ripresa delle lottizzazioni e Spinosa era il garante di questa operazione. Diversa la posizione dei Polverino, che ritenevano Spinosa troppo debole e manovrabile dai Nuvoletta". A parlare è un altro pentito, un certo Salvatore Izzo, vicino ai Polverino, il quale chiarisce che Spinosa non solo vantava di essere sostenuto dai Nuvoletta, ma rivendicava anche la capacità di sbloccare quelle lottizzazioni edilizie tanto appetite dalla camorra e che il sindaco Bertini, pur non avendole cancellate dal Piano regolatore generale, non aveva mai di fatto sbloccato. Significativo l'episodio raccontato proprio da Izzo. "Vidi Spinosa la sera della sconfitta elettorale. Io ero in macchina con Fabio Allegro (ritenuto un killer dei Polverino), Spinosa era solo in macchina e piangeva. Io mi affiancai e gli chiesi cosa gli fosse successo. Ma Allegro mi interruppe e disse bruscamente a Spinosa che perdendo aveva preso un terno al lotto perché se avesse vinto, se la sarebbe vista brutta. Come minimo sarebbe stato arrestato".
"Appare estremamente significativo - commenta Borrelli - il livello di partecipazione di un esponente al vertice della organizzazione mafiosa, quale Esposito, alle fortune di Spinosa. Egli infatti si sentiva così direttamente coinvolto nelle stesse da ritenere il successo del candidato a sindaco come comune, in un afflato camorristico che evidenzia da solo la militanza dei due in un unico sodalizio criminale". Il nome di Spinosa è finito nell'elenco delle ordinanze di custodia cautelare chieste da Borrelli; il gip Ceppaluni ha però respinto l'arresto perché, non essendo poi stato eletto sindaco, è venuta a mancare l'esigenza cautelare. Il suo nome però rimane nella lista degli indagati. Ma non è solo Spinosa il nome che circola in quella campagna elettorale. Oltre alla sua candidatura a sindaco, si parla di sostegno a candidati al consiglio comunale di Alleanza nazionale, del Ppi, dell'Udeur. Il voto locale, ma anche quello nazionale. Luigi Esposito, nel dare indicazione di voto, dice di barrare il simbolo di Forza Italia e, per la Camera uninominale, di votare per Vittorio Trupiano, candidato della Fiamma tricolore, avvocato difensore di camorristi. 
Il legale napoletano (finito in manette nel blitz) è accusato di aver stabilito col clan un vero e proprio scambio: la sua battaglia per l'abolizione del carcere duro per i mafiosi e l'appoggio dei Nuvoletta, in particolare dei familiari di Gaetano Iacolare (Franco e Luigi Santoro, padre e figlio, finiti in carcere), per la raccolta delle firme per la candidatura e il sostegno nella campagna elettorale per le politiche. Trupiano, infatti, si candidò al parlamento proprio nel collegio Napoli 12, quello di Marano, e qui fu sostenuto - secondo la Procura - da alcune frange del clan, quella dei Carrisi e i Nuvoletta.
(Da La Voce della Campania)