Dec 19 - PEZZI DI STORIA - Storie di vita e malavita, di politica e malapolitica a Marano

Dec 19 - PEZZI DI STORIA - Storie di vita e malavita, di politica e malapolitica a Marano

 
Un esercizio utile per un popolo in cammino
Fermarsi un attimo e guardarsi indietro per capire quanta strada abbiamo percorso, per vedere a che punto siamo arrivati, per renderci conto se si sta camminando nella direzione giusta o se non si stia tornando sui nostri passi, per portare le opportune correzioni alla rotta e per recuperare le energie e le motivazioni per proseguire verso l’obbiettivo che ci siamo prefissato è un esercizio utile nella vita di ognuno di noi, sempreché un obbiettivo uno se lo sia posto, ed è altrettanto utile nella vita di un popolo che si è proposto di camminare verso un riscatto pieno e nella direzione di una crescita e di un progresso che lo mettano al passo con i tempi nell’ottica di un pieno sviluppo sociale, civile e solidale e di una qualità della vita degna di una comunità umana che vive dignitosamente il suo tempo
E’ con quest’idea che abbiamo pensato di ripercorrere momenti significativi della vita di Marano pubblicando, a partire da oggi e con una cadenza che cercheremo di rendere quanto più possibile costante e continua, alcuni documenti che raccontano pezzi della nostra storia, documenti, che abbiamo conservato fra i tanti, che in molti mandano alla nostra redazione e dai quali viene fuori un puzzle dai contorni sempre meglio definiti Per motivi di spazio e per mettere a loro agio anche quelli che fra i nostri lettori vanno soggetti a stancarsi prima divideremo i documenti più lunghi in più parti cercando ovviamente di fare in maniera che non si perda il filo del discorso
Cominciamo da un lungo articolo apparso tempo fa su La Voce della Campania e riscoperto da uno fra i più assidui dei nostri lettori:
 

MARANO A FERRO E FUOCO (parte prima)

Un uomo al comando, sotto di lui alcuni boss a fargli da vice, poi pezzi da novanta a controllare gli affari, infine una rete fittissima di ragazzi, contatti, rapporti, infiltrazioni. Il tutto dentro una grande famiglia, l'ultima vera, ramificata famiglia mafiosa della Campania. La storia dei Nuvoletta di Marano ha il sapore di una saga sul modello del Padrino: affari, discrezione, lusso, donne di carattere, uomini d'onore e picciotti. Una piramide di potere e denaro mai seriamente scalfita dallo Stato e che invece ora comincia a scricchiolare. Ad assestarle un durissimo colpo è una lunga e minuziosa inchiesta condotta dalla Dda di Napoli e in particolare dal pm Giuseppe Borrelli, culminata nei giorni scorsi con un maxiblitz che ha messo a ferro e fuoco la cittadina alle porte di Napoli. Trentatre gli ordini di cattura emessi dal gip Giovanna Ceppaluni, almeno settanta gli indagati tra questo filone e altri rami della stessa inchiesta.  Ponderosa l'ordinanza, circa 800 pagine in cui è racchiusa la storia di una lunga e faticosa indagine, con intercettazioni telefoniche e ambientali, pedinamenti, interrogatori, verifiche contabili e finanziarie. Nella rete sono finiti tutti gli eredi della dinastia dei Nuvoletta, i cugini Orlando, i loro sodali di sempre Baccante e una quantità di fiancheggiatori, imprenditori, professionisti, "colletti bianchi" . L'inchiesta ha consentito anche di far luce su modalità, atteggiamenti, cultura, metodi della camorra del Duemila. Affari, droga, usura, estorsioni, politica: l'organizzazione è cresciuta, si è evoluta, ha ramificato la sua sfera di influenza, spara poco e solo quando è indispensabile (le persone preferisce comprarle). La camorra si è "globalizzata". Guarda al mondo, investe all'estero, viaggia; usa e-mail, cellulari, palmari ed è calata per intero nel gioco di scatole cinesi dell'alta finanza. Insomma, un volto nuovo su un'anima antica.

Da Marano a Sapri

Antica come i pentiti. L'inchiesta di Borrelli parte circa quattro anni fa, il 30 marzo del 1999 quando un ragazzo agitato, in preda alla paura, bussa alla porta di una caserma dei carabinieri di Sapri. Era appena scappato da Marano, sua città di provenienza. Aveva girovagato a vuoto per mezza Italia, tra Firenze e Ancona, dormendo in albergo e facendo perdere le sue tracce. Poi l'approdo a Sapri, una breve visita al cognato, poi la corsa dai carabinieri. "Mi chiamo Massimo Tipaldi, sono un camorrista, ho paura". I militari gli aprono la porta, lo fanno sedere, cercano di calmarlo. "Mi vogliono uccidere, voglio collaborare. So tutto dei Nuvoletta". Il giovane viene condotto alla sede del Gruppo Napoli due di Castello di Cisterna. Qui, Tipaldi, prima comincia a parlare con il comandante, poi prova a scappare dalla finestra, gridando a squarciagola e chiedendo aiuto, poi si calma e aspetta il magistrato, infine dice di voler andare via. Insomma, è confuso, nervoso, esaurito. Arriva il pubblico ministero Borrelli, parte la prima chiacchierata. Tipaldi rivela, innanzitutto, che nella masseria del suocero ha nascosto un vero e proprio arsenale. I carabinieri corrono a vedere e trovano tutto. Il ragazzo viene arrestato. Portato a Poggioreale, vi resta pochi giorni. Prima lo trasferiscono a Carinola, poi é avviato al programma speciale di protezione. Intanto, però, continua la sua ricostruzione. Tra marzo e dicembre '99 viene sentito decine di volte, gli vengono sottoposte fotografie, documenti. Snocciola dati, nomi, fatti e circostanze. Spiega innanzitutto chi è: un trafficante di droga, uomo dei Nuvoletta e del piccolo gruppo che faceva capo al cugino Giovanni Del Prete, detto Kawasaki, ucciso qualche anno fa; poi passato con Peppe Gala, detto Showman. Uomo di piccoli interventi, Tipaldi: qualche viaggio con la droga dalla Spagna, qualche intimidazione, la partecipazione a un omicidio. Il ragazzo spiega che si è deciso a parlare perché convinto che i Nuvoletta lo volessero uccidere. Le sue rivelazioni vengono passate al setaccio, minuziosamente: in qualche caso le informazioni non corrispondono alla realtà, in moltissimi altri casi trovano risconti evidenti. Intanto il clan cerca di dissuaderlo dal continuare la collaborazione: lo fa avvicinare in carcere, fa arrivare messaggi al fratello, prova a far nominare come avvocato di fiducia un legale vicino al clan. Insomma, tenta di arginare la collaborazione, fiutando il pericolo. Il pentito è attendibile.

E la grande ricostruzione storica sulla saga dei Nuvoletta di Marano può partire.