6 Dicembre 2013 - PUNTO DI VISTA: LE COSE CAMBIANO SE LE CAMBI

6 Dicembre 2013 - PUNTO DI VISTA:  LE COSE CAMBIANO SE LE CAMBI

La classe politica è corrotta e, quasi sempre, risultano vani i tentavi di cambiare lo stato attuale delle cose”. Quante volte, con rassegnazione, abbiamo ascoltato o pensato frasi simili? E’ sicuramente accaduto frequentemente e l’aspetto che maggiormente preoccupa è proprio quella forma di rassegnazione che inibisce quasi del tutto ogni sforzo volto al cambiamento della realtà. I tempi correnti, complice una grave crisi economica, non sono tra i più floridi, e la classe politica non sembra in grado di proporre misure in grado di attenuare gli effetti catastrofici prodotti dalla recessione, né sembra capace di pianificare azioni efficaci mediante cui giungere ad una rapida risoluzione del problema. Oltre alla congiuntura economica negativa, da oltre un ventennio il nostro paese si trova ad affrontare una grave crisi politica che ha sprofondato i cittadini italiani in una sorta di immobilismo che, penetrando nel tessuto sociale fino a radicarsi, ha di fatto interrotto ogni connessione tra la popolazione e le istituzioni. Viviamo la fase delle larghe intese che, apparentemente, perseguono lo scopo di garantire la stabilità di governativa, ma che di fatto rappresentano uno di quei fattori determinanti di malcontento in una popolazione stremata che, nonostante richieda a gran voce delle riforme, rimane inascoltata ed abbandonata, agonizzante, al suo amaro destino. In questo contesto nebuloso e paludoso la nostra classe politica non si distingue per lungimiranza, ma pare unicamente interessata a preservare quello status quo che le consente di preservare i suoi troppi privilegi, senza manifestare la minima volontà ad anteporre il bene collettivo ai propri interessi. Se questa situazione dovesse perdurare, il divario tra le classi sociali aumenterebbe a tal punto da poter generare disordini e caos. Dopo tutto, la storia è ciclica e ci insegna che i cambiamenti epocali si registrano quasi sempre in concomitanza di recessioni economiche e crisi del sistema politico-istituzionale. La condizione critica della politica nazionale si estende anche a livello locale, dove, ancora un volta, si evidenzia il consueto immobilismo che funge da ostacolo ad una corretta gestione della cosa pubblica a favore di ogni singolo cittadino. Ci risulta davvero difficile credere che questo stato generale di cose abbia innalzato una parete insormontabile tra i cittadini e le istituzioni e che questi, giustamente delusi da tale situazione, mostrino totale disinteresse ai problemi del paese. Eppure sta accadendo. Vero è che gli uomini hanno l’enorme capacità ad assuefarsi alle situazioni, sia pure a quelle più disagiate, e a maturare una sorta di latente apatia che li porta, con rassegnazione, ad accettare la realtà contingente. Tuttavia, rinunciare alla propria sovranità, astenersi dalla partecipazione, abdicare dallo status di “cittadino”, risulterebbe estremamente deleterio e lascerebbe fin troppo spazio a coloro che, spinti da sete di potere ed interessi unicamente particolaristici, sfrutterebbero tale situazione a proprio vantaggio. Per i suddetti motivi, vi è l’assoluta necessità di non delegare completamente la gestione del bene comune ai propri eletti; il cittadino deve esercitare costantemente una funzione di controllo dell’operato dei rappresentanti istituzionali i quali, incaricati dagli elettori, devono necessariamente rendere conto del proprio lavoro ed impegnarsi affinché la cosa pubblica funzioni ed operi a favore della collettività. Tutti, in egual misura e a prescindere dalle proprie competenze, devono attivarsi e partecipare alle dinamiche socio-politiche che si sviluppano nel contesto territoriale di appartenenza. E’ necessario che ogni singolo individuo sia propositivo ma che, al tempo stesso, sviluppi una coscienza critica in grado di renderlo autonomo nelle valutazioni circa l’operato degli amministratori pubblici, evitando in tal modo di lasciarsi trascinare dalle onde populiste e demagoghe che, non soltanto risultano poco incisive, ma rischiano persino di rafforzare i massimi sistemi. Impegno e partecipazione attiva appaiono come l’unica strada percorribile per poter effettivamente sovvertire l’apparato attuale: non comprenderlo vuol dire rendersi complici silenti di quei poteri deviati che hanno determinato tale drammatica situazione.

Eleonora Giordano