Mentre la televisione nazionale ci frantuma gli zebedei mandando in onda a colazione, pranzo e cena le puntate infinite di quella soap opera melensa che è lo scontro tutto interno a un PD che cerca di darsi forma e sostanza andando a un congresso dove, assenti illustri tutti i problemi che angosciano il paese, si materializzerà la perdita di ogni orientamento politico e progettuale riducendo il tutto a una lotta di potere che trova la sua acme e la sua sintesi più alta nella scelta del segretario
A Marano, nell’indifferenza generale, si è consumata l’opera buffa di un congressino in salsa nostrana che, dopo la batosta elettorale e morale delle ultime elezioni, arriva in conclusione di un commissariamento lungo un anno che non è riuscito a cavare un ragno dal buco e ripropone in toto lo status prius quo ante dove, nella stagnazione culturale più avvilente, si scontravano e continuano scontrarsi interessi contrapposti ognuno dei quali cerca di prevalere sul piano meramente muscolare con la forza bruta dei numeri (magari anche presi sul mercato dell’usato e a poco prezzo) che prescinde totalmente da quella delle idee che in un sodalizio asfittico e di basso livello come il PD nostrano nei fatti contano meno del due di briscola
La tessera per il pane

C’è ancora chi, fra i nostri nonni ormai molto in là con gli anni, ricorda che in tempo di guerra per avere un pezzo di pane bisognava avere la tessera e ci racconta le scene pietose di gente che molte volte era costretta a scegliere fra la fame e la dignità; si tratta di scene che, come ci racconta chi ha avuto la ventura si seguirne le vicende, si sono riproposte, mutatis mutandis, in occasione del congresso PD di Marano dove la tessera di iscrizione al partito è stata la protagonista assoluta della kermesse e ne ha determinato alla fine le conclusione facendo prevalere la fazione di chi si è potuta permettere di spendere qualche soldo per comprarne qualcuna in più Ci dicono che per eleggere il segretario del Circolo del PD di Marano potevano votare tutti quelli che, a prescindere di quale orientamento politico fossero portatori, potevano esibire la tessera compilata anche un minuto prima di esprimere il voto e ci riferiscono che nei giorni in cui si è svolto il congresso sono state compilate quasi 250 nuove tessere portando al massimo storico di 500 il numero totale degli iscritti; sempre fonti assolutamente ben informate ci fanno sapere che per avere una di queste preziose tessere gli aspiranti militanti dovevano sborsare venti euro, cosa che alla fine della giostra ha messo in moto la bellezza di circa 10.000 euro e crediamo che sia stata proprio questa cifra a fare la differenza perché fra i due gruppi che si contendevano la posta era destinato a vincere quello che, fra imprenditori votati alla politica e politici votati alla
trastola, poteva contare su un salvadanaio più guarnito per reclutare militanti prezzolati dell’ultima ora Ovviamente tutto questo mentre si spendevano le parole più ispirate in un dibattito che si sviluppava fra pochi intimi che facevano a chi alzava di più l’asticella dei valori sociali, politici e culturali e a chi declamava nel più appassionato dei modi il proprio amore viscerale per la città
I contendenti
In questo non proprio confortante scenario, che ricorda tanto le lotte nel fango, si scontravano per l’ambita poltrona di segretario del partito due epigoni della paesanità più retriva perpetuando una storia che risale alla notte dei tempi e che ha sempre visto le persone culturalmente più preparate, politicamente più lucide, moralmente più ineccepibili collocate nei luoghi e nei ruoli che contavano meno e tenuti in una campana di vetro per esibirli in convegni, dibattiti e meeting mentre quelli più “terra terra”, quelli che avevano più peli in petto, quelli dalla cazzimma più collaudata hanno sempre riservato per loro i ruoli dove si fanno i fatti della politica senza troppi riguardi per le idee, per i valori e per tutto quanto sa di pulito

Ovviamente anche nella sottocultura della paesanità (che non ha niente a che vedere con la “maranesità” perché è sempre bene distinguere fra la maranesità emancipata e evoluta che prescinde dalla origine geografica e quella maranesità che è ancorata a concetti e presunti valori che sanno di antidiluviano e che si definisce “paesana” con l’identica accezione che si dà al termine “provinciale” quando si vuole indicare arretratezza e miopia) non tutti stanno allo stesso livello e se fra Matteo Morra e Crescenzo Coppola, scesi in campo l’un contro l’altro armati, si vuole cogliere una qualche differenza, questa sta più nel contesto che si è formato intorno a loro che non nella loro personale posizione: mentre Morra ha infarcito le sue liste con le angoscianti cariatidi che hanno fatto la peggiore storia di Marano nelle disastrose amministrazioni Perrotta-Cavallo e per migliorare il quadro ha imbarcato tutta l’accozzaglia di mestatori che si era coagulata intorno alle avveniristiche proposte politiche di Eduardo Simioli nell’abortita esperienza di Orizzonte Concreto, con Crescenzo Coppola, a sua volta perfetto prodotto della realtà locale con l’aggiunta di una pericolosa frequentazione con un mefitico Corrado Gabriele, che ha riservato a sé il ruolo di segretario, si sono ritrovati, oltre a alcune ingombranti scorie come lo stesso Salvatore Perrotta, un nugolo di fini dicitori della politica sicuramente meno coinvolti nelle tresche e meno interessati agli intrallazzi che avrebbero potuto fare la differenza. Il nostro punto di vista è
“che fra lui e lei sceglier non saprei”, ma fortunatamente l’onere di questa scelta non è di nostra competenza e ci sentiamo molto sollevati
Il sassolino

Dopo lo schiaffo patito alle primarie il duo Morra-Simioli ha rinserrato le fila, ha stretto le maglie di una strategia che non ha lasciato niente al caso e si è preso la rivincita riappropriandosi del partito senza curarsi minimamente del fatto che con la loro storia, con le loro frequentazioni e con i loro appetiti hanno zavorrato pesantemente il PD di Marano tirandolo inesorabilmente verso il fondo e condannandolo di fatto all’inedia e all’isolamento mentre i “fini dicitori della politica” continueranno a bearsi della perfezione dei loro ragionamenti e a pensare che sarà per la prossima volta
L’isolamento
Chiusa definitivamente ogni possibilità di dialogo a sinistra, non potendo certamente contare su una ricomposizione con gli ex alleati del centro sinistra visto che Palladino non ha certamente rinunciato all’idea di fare prima o poi il Sindaco, al PD di Marano resterebbe solo la via di un contatto trasversale con i partiti di maggioranza sulla base di quella paesanità che li accomuna e che li ha visti festeggiare la vittoria della destra sull’odiato Bertini troppo ligio ai valori della sinistra; ma siamo sicuri che con i casini che si ritrova il sindaco Liccardo, che non sa di chi fidarsi fra quelli che ha attorno, voglia mettersi vicino, senza fra l’altro averne bisogno, altre bocche da sfamare?
In casa PD c’è chi sta ancora festeggiando la vittoria; ma siamo sicuri che non si tratti di una vittoria di Pirro?